La speranza che tutto passi e presto è insita in ognuno di noi, ciò non toglie che sta a tutti alimentare questa speranza e quindi affrontare le difficoltà con senso di responsabilità e con la coscienza di non doverci far cascare addosso le avversità senza essere reattivi.
Il dramma delle crisi economiche, di ogni forma ed origine, è che ricadono implacabilmente e prima di tutto su coloro che sono più deboli e quindi più esposti, e non mi riferisco solo a lavoratori e pensionati, ma anche ai piccoli imprenditori ed agli artigiani.E non possiamo permettere che siano queste categorie a dover patire ancor più di altri, semmai pretendendo che si basino solo sulla speranza che tutto passi.
E’ tutto il sistema che deve reagire, tutte le istituzioni, nei vari livelli di responsabilità, devono essere attive e soprattutto reattive di fronte a questi eventi.Nel Novarese i segni della crisi sono tangibili e vengono avvertiti in tutta la loro drammaticità. Nell’ultimo anno, negli ultimi mesi e negli ultimi giorni ancora la situazione è andata peggiorando senza che al momento si intravedano via di uscita innanzi tutto per garantire il lavoro.
Ormai le aziende in crisi nel Novarese sono in numero considerevole, difficile anche da citarle tutte. Non posso non ricordare di nominare, fra le altre, imprese come Phonomedia, Brambati, Bemberg, e le tante aziende di rubinetterie che caratterizzano il territorio, con un conseguente enorme numero di lavoratori per i quali, laddove possibile, si è fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, ma per tanti altri vien meno anche questa possibilità.
Ormai è noto e si legge anche sulla stampa degli ultimi giorni quello che è stato definito l'assurdo della vicenda Phonomedia ove la proprietà non ha chiesto lo stato di crisi, non ha attivato procedure di mobilità o licenziamenti, ha respinto - contestandone la giusta causa - le lettere di chi si dimetteva per poter ottenere l'indennità di disoccupazione, lasciando i lavoratori anche nell'impossibilità di chiedere alle banche il rinvio delle rate del mutuo, in quanto formalmente "occupati".E' così che riparte il meccanismo diabolico della precarietà. Entri in un call center con contratto a progetto, poi passi a tempo determinato e dopo due anni a tempo indeterminato. Quando l'azienda chiude, anche in casi misteriosi come la vicenda Phonemedia, o sali sulle barricate o vai in un nuovo call center, che magari ha chiesto a sua volta fondi pubblici, dove ricominci dal contratto a progetto.C’è una strategia perversa dietro Phonomedia (che è opportuno accostare ad altre Aziende quali Omnia network ed Agile-ex Eutelia che agiscono nel settore dell'information technology e dei contact center). Queste aziende sono l'esempio evidente di come i lavoratori siano gli unici a pagare il prezzo salatissimo della crisi (potrei azzardare che è una crisi ad arte). In tutti e tre i casi, dipendenti e sindacato hanno avviato azioni legali per ottenere il commissariamento e l'amministrazione straordinaria. In tutti e tre i casi la vicenda è diventata oggetto di esposti alla magistratura e di inchieste penali. In tutti e tre i casi, tra proprietari, dirigenti ed amministratori, ritornano gli stessi manager-soci che entrano ed escono dalle cariche societarie in un gioco di ruolo il cui unico obiettivo sembra essere quello di alleggerire alcune aziende dei debiti e della spesa del personale, scaricando tutti gli oneri su "acquirenti" che a loro volta si occupano poi del lavoro sporco: chiedere (quando va bene) la cassa integrazione in deroga o avviare licenziamenti di massa, salvare la liquidità anche bloccando gli stipendi o non versando i contributi previdenziali.E’ evidente che in questi casi non possiamo e non dobbiamo appellarci alla globalizzazione del mercato, alla scarsa competitività o alla Cina.
E’ il sistema che presenta delle falle e lo Stato deve intervenire, perché è semplicemente assurdo che aziende con importanti appalti si trovino in queste condizioni, senza che nessuno intervenga. Gli organi di controllo, dalla Consob alla magistratura ordinaria, devono dire cosa ci sia dietro queste operazioni.A fronte di casi così eclatanti che devono essere osservati in modo specifico, per contro dobbiamo guardare là dove c’è effettivamente il segno della crisi economica e con ragioni ben diverse e concrete. Nel sistema novarese, in una realtà per lo più segnata nel tempo da produttività ed occupazione, dove il lavoro è sempre stato considerato come una componente “normale” della società, le difficoltà attuali sono avvertite in modo evidente. L’impatto con la crisi è ancor più marcato se pensiamo che lo stesso sistema produttivo si basa su una realtà di piccole e medie imprese o di artigiani.
Allora si che viene fuori uno scenario quasi sconosciuto per il nostro territorio, quale la mancanza di lavoro ed ancor peggio poche prospettive per il futuro.Sono elementi che incidono sulla sfera personale e familiare delle persone, creando disagio ed incertezze.Ed appunto per questo che occorre essere reattivi e non pretendere che si patisca questo stato semplicemente con un messaggio di fiducia.Ed allora chi ha responsabilità deve affrontare la realtà, senza trincerarsi dietro falsi proclami e controproducenti ideologie.Guardiamo una volta per tutte la realtà per quella che è. La crisi c’è e bisogna affrontarla, senza che nessuno si tiri indietro aspettando che altri facciano o sperando che il fattore tempo possa cancellare tutto.Voglio sottolineare che in questo momento, per quanto stiamo drammaticamente attraversando, non devono esistere schieramenti politici o ideologie di parte, e non devono nemmeno esistere disegni ideologici in vista delle prossime elezioni amministrative, regionali in particolare.E’ il momento di mettere da parte questi aspetti, perché una crisi di questa entità deve essere affrontata coinvolgendo tutti dalle istituzioni pubbliche e private agli imprenditori, grandi o piccoli che siano, dai sindacati ai lavoratori ed ai pensionati.Innanzi tutto chi governa ha il dovere di adottare iniziative ed interventi mirati, ascoltando ogni parte politica senza remore e barricate, coinvolgendo tutte le categorie. Dal confronto e con il dialogo non possono che scaturire idee e proposte.
Non sono sufficienti i messaggi di fiducia, occorrono fatti che purtroppo ad oggi dobbiamo constatare inesistenti. Ed i dati sull’economia italiana stanno peggiorando più del previsto. a differenza di quanto si sta verificando in altri Paesi cui dobbiamo rapportarci.Abbiamo infatti la possibilità di confrontarci con i nostri partners europei e con gli stessi Stati Uniti d’America. In ognuno di questi paesi la crisi è affrontata con decisione e con la consapevolezza che ci troviamo tutti sulla stessa barca (perdonatemi l’aforisma) e tutti devono remare per portarla in porto.Ma se questo è il livello nazionale della questione, anche a livello locale occorre agire semmai con un’attenta valutazione dei punti critici del nostro territorio e quindi con la possibilità di affrontare le avversità in modo efficace.Le imprese che nel nostro territorio che hanno chiuso o sono state delocalizzate sono tante, troppe, per fattori diversi che vanno dalla scarsa competività a scelte di mercato a volte discutibili.
Ma da quella necessità di autocritica che è fondamentale, dobbiamo capire ed agire, stimolando quegli imprenditori che creano occupazione, ma certamente non favorendo quelli che, per restare nell’aforisma, remano contro. In definitiva produttività e lavoro devono essere i nostri obiettivi e per tali fini occorre intervenire, di modo che finalmente si metta in modo quel volano indispensabile non solo per la nostra economia per far si che le imprese siano produttive e competitive, che l’occupazione sia garantita, che il potere d’acquisto di lavoratori e pensionati sia salvaguardato.
Come si vede sono tante le cose da fare, ma bisogna farle e subito, perché ogni giorno che passa è un giorno di disagio in più per tutti, ad iniziare dai più deboli.
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