Presentato alla camera il 15 Marzo u.s.
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DISEGNO
DI LEGGE
d’iniziativa
dei senatori BIONDELLI, ANTEZZA
Istituzione
di un fondo per il sostegno delle persone con disabilità grave
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Onorevoli – Nel nostro Paese, come in tutti i Paesi del mondo,
esistono realtà che sono sotto gli occhi di tutti ma –
paradossalmente – non vengono viste da nessuno. L’abitudine,
l’assuefazione ci portano ad accettare situazioni che, apparendo
ineluttabili, insinuano in ciascuno di noi un senso di impotenza,
prima, e di rassegnazione, poi: siccome sono situazioni che sono
sempre esistite, in tanti hanno provato ad affrontarle (senza
riuscirci), allora vuol proprio dire che non possiamo fare nulla. E
allora si fa l’abitudine alle diverse situazioni «invisibili»,
abitudine che è direttamente proporzionale al loro sussistere nel
tempo: più passa il tempo e più ci si abitua ad una determinata
situazione e non fa più alcun effetto.
Tra
tutte, una in particolare getta uno sguardo di penosa vergogna sulle
nostre istituzioni: la realtà, invisibile, dei disabili.
Si tratta di una verità imbarazzante a tutti gli effetti se pensiamo che, attualmente, non esiste nemmeno un’analisi capace di fotografare nel modo più esatto e strutturato le dimensioni e le condizioni di vita della popolazione disabile. In molte regioni italiane, infatti, ancora non esiste un’anagrafe della disabilità, cosa che non consente di avere la chiara percezione del fenomeno.
Tuttavia si possono fare alcune stime.
Secondo l’Osservatorio Terza Età (OTE) in Italia ci sono 7.214.000 disabili.
Di questi, solo 234.000 sono ospiti di strutture assistenziali.
Il numero di persone con disabilità grave, cioè non in grado di svolgere le normali funzioni di vita quotidiana (camminare, vestirsi, mangiare), infatti, ammonta a 2.615.000, cioè il 4,8 per cento della popolazione italiana.
Se a questi aggiungiamo, poi, il numero delle persone che, con molta difficoltà, svolge le abituali funzioni quotidiane, il numero sale a 6.980.000.
In tutto, quindi, i disabili rappresentano circa il 12 per cento della popolazione italiana.
«Se non ci fosse il supporto della famiglia, per i disabili sarebbe una situazione devastante»: è quello che riporta l’ISTAT nell’«indagine sulle condizioni di salute e sul ricorso ai servizi sanitari».
C’è anche da dire che, come rivela ancora l’OTE, il 50 per cento delle persone disabili vive da sola e, tra queste, l’85 per cento è over 65: una situazione delicata, che dovrebbe essere attentamente considerata dai decisori politici.
La nuova classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) adotta un approccio multiprospettico alla classificazione del funzionamento e la disabilità secondo un processo interattivo ed evolutivo.
La classificazione integra in un approccio di tipo «biopsicosociale» (in cui la salute viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni: biologica, individuale e sociale) la concezione medica e sociale della disabilità. È in sostanza il passaggio da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità.
La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.
Si tratta di una verità imbarazzante a tutti gli effetti se pensiamo che, attualmente, non esiste nemmeno un’analisi capace di fotografare nel modo più esatto e strutturato le dimensioni e le condizioni di vita della popolazione disabile. In molte regioni italiane, infatti, ancora non esiste un’anagrafe della disabilità, cosa che non consente di avere la chiara percezione del fenomeno.
Tuttavia si possono fare alcune stime.
Secondo l’Osservatorio Terza Età (OTE) in Italia ci sono 7.214.000 disabili.
Di questi, solo 234.000 sono ospiti di strutture assistenziali.
Il numero di persone con disabilità grave, cioè non in grado di svolgere le normali funzioni di vita quotidiana (camminare, vestirsi, mangiare), infatti, ammonta a 2.615.000, cioè il 4,8 per cento della popolazione italiana.
Se a questi aggiungiamo, poi, il numero delle persone che, con molta difficoltà, svolge le abituali funzioni quotidiane, il numero sale a 6.980.000.
In tutto, quindi, i disabili rappresentano circa il 12 per cento della popolazione italiana.
«Se non ci fosse il supporto della famiglia, per i disabili sarebbe una situazione devastante»: è quello che riporta l’ISTAT nell’«indagine sulle condizioni di salute e sul ricorso ai servizi sanitari».
C’è anche da dire che, come rivela ancora l’OTE, il 50 per cento delle persone disabili vive da sola e, tra queste, l’85 per cento è over 65: una situazione delicata, che dovrebbe essere attentamente considerata dai decisori politici.
La nuova classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) adotta un approccio multiprospettico alla classificazione del funzionamento e la disabilità secondo un processo interattivo ed evolutivo.
La classificazione integra in un approccio di tipo «biopsicosociale» (in cui la salute viene valutata complessivamente secondo tre dimensioni: biologica, individuale e sociale) la concezione medica e sociale della disabilità. È in sostanza il passaggio da un approccio individuale ad uno socio-relazionale nello studio della disabilità.
La disabilità viene intesa, infatti, come la conseguenza o il risultato di una complessa relazione tra la condizione di salute di un individuo, fattori personali e fattori ambientali che rappresentano le circostanze in cui egli vive. Ne consegue che ogni individuo, date le proprie condizioni di salute, può trovarsi in un ambiente con caratteristiche che possono limitare o restringere le proprie capacità funzionali e di partecipazione sociale.
Pertanto,
le politiche per la disabilità, in quest’ottica di concetto di
«disabilità», devono collocarsi nell’ambito di un sistema
integrato di azioni e provvedimenti finalizzati all’intera
popolazione, a partire dalla famiglia. L’empowerment
della
famiglia può essere individuato come la prima e più efficace
opportunità sulla quale agire per facilitare i processi d’inclusione
sociale e il mantenimento delle relazioni solidali tra generazioni,
con particolare riguardo alla trasversalità delle sue responsabilità
ed azioni rivolte agli anziani, alle persone con disabilità, ai
minori.
Le
politiche a sostegno della famiglia assumono pertanto una valenza
trasversale nel contesto della ridefinizione delle politiche sociali
e devono intervenire sulle capacità del sistema economico e sociale
per mantenere un solido sentiero di sviluppo per il Paese. Da qui il
riconoscimento che l’ampliamento dei servizi in favore della
famiglia è condizione necessaria ma non sufficiente. Il suo sostegno
non può essere considerato come una «politica di settore», quanto
piuttosto il risultato di una molteplicità di interventi che ne
riconoscono il ruolo di vero e proprio «attore di sistema».
In questo contesto, inoltre, la ratifica e l’esecuzione da parte dell’Italia, con la legge 3 marzo 2009, n. 18, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata a New York il 13 dicembre 2006, segna un importante traguardo per il Paese intero. La capacità di risposta ai bisogni delle persone disabili è uno degli indicatori principali di un Welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente e l’Italia da oggi ha fatto un passo avanti decisivo in tale direzione.
La Convenzione rappresenta pertanto uno strumento condiviso dalla comunità internazionale che segna valori e obiettivi per ampliare il grado di inclusione sociale delle persone disabili. Governo e opposizione, regioni ed enti locali, imprese, mondo non profit e società civile sono tutti chiamati a realizzare, ciascuno con la propria responsabilità, una società dove le persone disabili possano essere sempre più protagoniste e libere.
La persona e il suo sviluppo integrale devono diventare la nostra stella polare per riconoscere e promuovere il valore infinito della persona per il solo fatto che esista, così come è.
Particolarmente significativa è la formulazione dell’articolo 25 di tale convenzione, laddove è previsto che gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità ed in particolare (lettera b)) si impegnano a fornire alle persone con disabilità i servizi sanitari di cui hanno necessità proprio in ragione della loro disabilità, compresi i servizi destinati a prevenire ulteriori disabilità, fornendo questi servizi (articolo 25, lettera c)) il più vicino possibile alle proprie comunità.
Inoltre, il successivo articolo 26 indica chiaramente come l’obiettivo prioritario degli interventi debba essere sempre rivolto a permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali nonché il pieno inserimento e partecipazione in tutti gli ambiti della vita.
Per tutti questi motivi, nella problematica occorre intervenire organicamente per affrontare la questione della disabilità grave, che ha un impatto devastante per coloro che subiscono la malattia e per le loro famiglie. Nella Commissione sanità del Senato si è praticamente concluso l’iter del disegno di legge atto Senato n. 2206 «Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili», che costituisce solo un approccio – seppure importante e necessario – per affrontare il problema della disabilità. Quindi, onde evitare provvedimenti che siano solo parziali segmenti di una realtà più vasta e complessa, si propone che venga costituito un «Fondo per il sostegno delle persone affette da disabilità grave» destinato a finalità di ricerca per gli enti che diano valide garanzie e per finalità assistenziali nei confronti di quelle famiglie che, anche in relazione al reddito, sono maggiormente esposte ai sacrifici che un malato grave impone. Il finanziamento avviene con modalità certe e che non vanno ad incidere assolutamente su altre situazioni di disagio sociale, e certamente non va ad incidere sui redditi dei cittadini.
Con l’articolo 1 viene costituito il Fondo presso il Ministero della salute che, per il tramite di accordi nell’ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede ad assegnarlo sulla scorta di precisi e dettagliati progetti di intervento.
Con l’articolo 2 vengono definite le modalità di erogazione del Fondo, e qui vengono richiamate le responsabilità delle regioni e delle province autonome che hanno specifica competenza in materia. Quindi spetterà a questi ultimi enti la verifica circa la destinazione secondo le finalità proprie e la sussistenza del diritto da parte dei fruitori.
Con l’articolo 3 si definiscono gli obiettivi prioritari sulla base dei quali verranno valutati i progetti presentati dalla regioni e dalle province autonome ai fini dell’accesso al riparto del Fondo.
Con l’articolo 4 si definiscono i requisiti minimi delle persone affette da disabilità gravi per la fruizione del Fondo, e potranno essere implementati secondo le esigenze e le realtà territoriali.
Con l’articolo 5 vengono definiti i sistemi di finanziamento agli enti di ricerca fissando vincoli e presupposti ben precisi ai fini dell’erogazione del finanziamento del progetto di ricerca.
Con l’articolo 6 vengono determinate le modalità di finanziamento del Fondo di cui all’articolo 1.
In questo contesto, inoltre, la ratifica e l’esecuzione da parte dell’Italia, con la legge 3 marzo 2009, n. 18, della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, approvata a New York il 13 dicembre 2006, segna un importante traguardo per il Paese intero. La capacità di risposta ai bisogni delle persone disabili è uno degli indicatori principali di un Welfare moderno, maggiormente inclusivo, equo ed efficiente e l’Italia da oggi ha fatto un passo avanti decisivo in tale direzione.
La Convenzione rappresenta pertanto uno strumento condiviso dalla comunità internazionale che segna valori e obiettivi per ampliare il grado di inclusione sociale delle persone disabili. Governo e opposizione, regioni ed enti locali, imprese, mondo non profit e società civile sono tutti chiamati a realizzare, ciascuno con la propria responsabilità, una società dove le persone disabili possano essere sempre più protagoniste e libere.
La persona e il suo sviluppo integrale devono diventare la nostra stella polare per riconoscere e promuovere il valore infinito della persona per il solo fatto che esista, così come è.
Particolarmente significativa è la formulazione dell’articolo 25 di tale convenzione, laddove è previsto che gli Stati Parti riconoscono che le persone con disabilità hanno il diritto di godere del migliore stato di salute possibile, senza discriminazioni fondate sulla disabilità ed in particolare (lettera b)) si impegnano a fornire alle persone con disabilità i servizi sanitari di cui hanno necessità proprio in ragione della loro disabilità, compresi i servizi destinati a prevenire ulteriori disabilità, fornendo questi servizi (articolo 25, lettera c)) il più vicino possibile alle proprie comunità.
Inoltre, il successivo articolo 26 indica chiaramente come l’obiettivo prioritario degli interventi debba essere sempre rivolto a permettere alle persone con disabilità di ottenere e conservare la massima autonomia, le piene facoltà fisiche, mentali, sociali e professionali nonché il pieno inserimento e partecipazione in tutti gli ambiti della vita.
Per tutti questi motivi, nella problematica occorre intervenire organicamente per affrontare la questione della disabilità grave, che ha un impatto devastante per coloro che subiscono la malattia e per le loro famiglie. Nella Commissione sanità del Senato si è praticamente concluso l’iter del disegno di legge atto Senato n. 2206 «Norme in favore dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili», che costituisce solo un approccio – seppure importante e necessario – per affrontare il problema della disabilità. Quindi, onde evitare provvedimenti che siano solo parziali segmenti di una realtà più vasta e complessa, si propone che venga costituito un «Fondo per il sostegno delle persone affette da disabilità grave» destinato a finalità di ricerca per gli enti che diano valide garanzie e per finalità assistenziali nei confronti di quelle famiglie che, anche in relazione al reddito, sono maggiormente esposte ai sacrifici che un malato grave impone. Il finanziamento avviene con modalità certe e che non vanno ad incidere assolutamente su altre situazioni di disagio sociale, e certamente non va ad incidere sui redditi dei cittadini.
Con l’articolo 1 viene costituito il Fondo presso il Ministero della salute che, per il tramite di accordi nell’ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, provvede ad assegnarlo sulla scorta di precisi e dettagliati progetti di intervento.
Con l’articolo 2 vengono definite le modalità di erogazione del Fondo, e qui vengono richiamate le responsabilità delle regioni e delle province autonome che hanno specifica competenza in materia. Quindi spetterà a questi ultimi enti la verifica circa la destinazione secondo le finalità proprie e la sussistenza del diritto da parte dei fruitori.
Con l’articolo 3 si definiscono gli obiettivi prioritari sulla base dei quali verranno valutati i progetti presentati dalla regioni e dalle province autonome ai fini dell’accesso al riparto del Fondo.
Con l’articolo 4 si definiscono i requisiti minimi delle persone affette da disabilità gravi per la fruizione del Fondo, e potranno essere implementati secondo le esigenze e le realtà territoriali.
Con l’articolo 5 vengono definiti i sistemi di finanziamento agli enti di ricerca fissando vincoli e presupposti ben precisi ai fini dell’erogazione del finanziamento del progetto di ricerca.
Con l’articolo 6 vengono determinate le modalità di finanziamento del Fondo di cui all’articolo 1.
DISEGNO
DI LEGGE
Art.
1.
(Finalità
della legge e definizioni
delle situazioni di disabilità grave)
delle situazioni di disabilità grave)
1.
La presente legge è volta a tutelare i soggetti con disabilità
grave, nelle situazioni di seguito definite:
a)
disabilità
grave intellettiva, ovvero la condizione caratterizzata da un grave
ritardo mentale che si associa a una grave compromissione
neuromotoria. Può essere determinata da cause congenite o acquisite
alla nascita o nei primissimi anni di vita;
b)
disabilità
grave neuromotoria, ovvero lo stato che subentra in seguito a eventi
traumatici o a malattie degenerative neurologiche;c)
handicap
gravissimo, ovvero la situazione che si determina in seguito
all’insorgenza di nuovi eventi patologici che si sommano in
progressione alla situazione di disabilità grave intellettiva o
neuromotoria.
2.
La presente legge si propone di favorire la ricerca sulle cause, la
diagnosi e gli interventi possibili nei confronti della disabilità
grave e di garantire sostegno permanente, continuativo e globale, ai
soggetti in stato di disabilità grave e alle loro famiglie, anche
attribuendo loro i diritti e i benefici previsti dalla legge per la
disabilità in situazione di gravità.
3.
Per il perseguimento degli obiettivi di cui al comma 2 è istituito
un Fondo per il sostegno delle persone affette da disabilità grave,
di seguito denominato «Fondo». Il Fondo costituito presso il
Ministero della salute, è annualmente conferito alle regioni e alle
province autonome, previo accordo con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, in ragione dei reali e concreti fabbisogni,
esclusivamente per le finalità del Fondo stesso.
Art. 2.
(Modalità
di intervento delle regioni
e delle province autonome)
e delle province autonome)
1.
Ai fini dell’ammissione al riparto del Fondo, le regioni e le
province autonome elaborano e presentano annualmente al Ministero
della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i
rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e
di Bolzano, un progetto operativo, contenente il costo complessivo,
l’individuazione dei destinatari, quali forme di sostegno intendono
adottare e le modalità di erogazione.
2.
Le regioni e le province autonome procedono all’erogazione delle
forme assistenziali nelle forme e nelle modalità previste dal
progetto di cui al comma 1, verificando la sussistenza del diritto da
parte dei fruitori.
3. Qualora l’importo complessivo dei progetti risulti superiore alla disponibilità del Fondo, il finanziamento è erogato in forma proporzionalmente ridotta. Il minor finanziamento è coperto dalla regione e dalla provincia autonoma nell’ambito delle risorse proprie.
3. Qualora l’importo complessivo dei progetti risulti superiore alla disponibilità del Fondo, il finanziamento è erogato in forma proporzionalmente ridotta. Il minor finanziamento è coperto dalla regione e dalla provincia autonoma nell’ambito delle risorse proprie.
Art.
3.
(Obiettivi
prioritari dei progetti regionali)
1.
Nell’ambito delle prerogative proprie, i progetti delle regioni e
delle province autonome, di cui all’articolo 2, comma 1, prevedono
il perseguimento dei fini di cui alla presente legge, privilegiando
in particolar modo interventi mirati:
a)
al
mantenimento al proprio domicilio del soggetto disabile grave,
attraverso l’implementazione dei servizi erogati dai servizi
sanitari o sociali territoriali;
b)
al
sostegno economico del nucleo familiare del soggetto disabile
grave;c)
alla
fornitura di ausili tecnologicamente avanzati che consentano di
preservare il più a lungo possibile l’autonomia;d)
all’adozione
di un protocollo personalizzato di presa in carico da parte dei
servizi riabilitativi, sociali e assistenziali che indichi da un lato
i percorsi riabilitativi, terapeutici e di sorveglianza dello
sviluppo necessari al disabile e dall’altro, separatamente,
modalità, strumenti e risorse individuate come possibili e garantite
per il tempo individuato;e)
ad
un adeguato sostegno psicologico ed informativo del soggetto disabile
grave e dei familiari da parte dei servizi sanitari e sociali.
Art.
4.
(Requisiti
per la fruizione da parte
dei destinatari)
dei destinatari)
1.
Nell’ambito dei progetti elaborati dalle regioni e dalle province
autonome, di cui all’articolo 2, comma 1, i soggetti che intendono
fruire delle forme di assistenza, in tutte le modalità previste
dalla presente legge, producono idonea documentazione ove si accerti:
a)
l’esistenza di almeno una persona affetta da disabilità grave nel
nucleo familiare del richiedente; il richiedente, ove non
appartenente allo stesso nucleo familiare, deve dimostrare di essere
l’unico sostegno nell’assistenza del disabile;
b)
di non poter sopperire all’assistenza del disabile con altri mezzi
in qualsiasi forma e modalità.
2.
Nell’ambito della redazione del progetto, le regioni e le province
autonome possono prevedere ulteriori requisiti di reddito ai fini
dell’ammissibilità dei soggetti destinatari.
Art.
5.
(Requisiti
per la fruizione da parte
degli enti di ricerca)
degli enti di ricerca)
1.
Nell’ambito del Fondo, la Conferenza permanente per i rapporti tra
lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano
individua una percentuale non inferiore al 10 per cento e non
superiore al 25 per cento da destinare al finanziamento dell’attività
di ricerca per le finalità di cui all’articolo 1.
2.
Gli enti di ricerca che intendono fruire del finanziamento di cui al
comma 1, devono avere carattere pubblico.
3. Gli enti di ricerca di cui al comma 2 possono accedere al finanziamento solo in presenza di un progetto di intervento, almeno di durata annuale, i cui obiettivi sono, dapprima validati e poi verificati, dalle regioni e dalle province autonome.
4. Il mancato raggiungimento degli obiettivi dichiarati determina la non corresponsione del finanziamento del progetto di ricerca.
3. Gli enti di ricerca di cui al comma 2 possono accedere al finanziamento solo in presenza di un progetto di intervento, almeno di durata annuale, i cui obiettivi sono, dapprima validati e poi verificati, dalle regioni e dalle province autonome.
4. Il mancato raggiungimento degli obiettivi dichiarati determina la non corresponsione del finanziamento del progetto di ricerca.
Art.
6.
(Finanziamento)
1.
Il Fondo è finanziato attraverso un contributo del 5 per mille sulle
vincite di giochi e scommesse gestiti dall’Amministrazione autonoma
dei monopoli di Stato. Sui premi non ritirati, decorso il periodo
previsto dai relativi regolamenti di gioco per la riscossione, una
quota del 10 per cento è destinata, altresì, ad incrementare il
Fondo stesso.
2.
Il Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il
Ministro della salute, con proprio decreto, determina annualmente
l’ammontare del Fondo, con riferimento ai criteri di cui al comma
1.
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